LA SOSTENIBILITA' AZIENDALE



La sostenibilità deve diventare un driver competitivo e deve essere comunicata.
Innanzitutto dobbiamo capire cosa significa sostenibilità. Spesso le aziende pensano che pubblicare foto green, di dipendenti felici, di riciclo dei materiali sia sufficiente per trasmettere al cliente il mantello della sostenibilità. Non è assolutamente così.
Chiediamoci prima cosa non è sostenibilità. 
1.     Non è privazione
2.     Non è rinunciare a fare quello che ti piace
3.     Non è decrescita del benessere
Allora di cosa stiamo parlando? 
I giovani sono sostenibili?
Diamo un’etichetta ai clienti sostenibili?
Assolutamente no. L’imprenditore non deve pensare che fare entrare nel business dell’azienda un aumento del prezzo dei prodotti sia interpretato come maggior qualità del prodotto. Troppo spesso si vede nel company profile che è sostenibile perché ha i pannelli fotovoltaici o la raccolta differenziata. Tutte cose lodevoli ma sono una minima parte, perché sostenibilità è diverso da prodotto naturale, da prodotto biologico, da prodotto Km zero.
Da soli questi concetti non bastano perché se ho un prodotto KM zero ma consumo molta acqua non sono sostenibile. Lo è di più un’azienda agricola che ricicla il vapore delle serre e ha un processo di efficientamento idrico.
Perché la sostenibilità non è una moda? Perché le aziende non sostenibili sono destinate ad uscire dal mercato. Penso che dopo il COVID avremo un’altra accelerazione della sostenibilità.
Chi ci chiede urgentemente la sostenibilità? Il pianeta.
Un’indagine DOXA del 1918 ha rilevato che l’80% delle persone sono attente alla sostenibilità.
Perché la sostenibilità è un driver importante?
L’80% delle persone si sono dichiarate attente alla sostenibilità per salvaguardare l’ambiente. Solo il 10% sarebbe disponibile a pagare un prezzo più alto.
La sostenibilità sta entrando nella volontà della pubblica amministrazione per esempio con l’edilizia. Non basta il cappotto esterno. La sostenibilità come risposta al mercato è un miglioramento delle performance che rientrano nella catena del valore.
La sostenibilità approcciata solo come etica che non porta benessere e valore economico all’azienda resta qualcosa di sospeso.
Benessere come valore condiviso
Efficientare i processi produttivi (ciclo dei rifiuti) legati ad una forte innovazione tecnologica.
L’azienda deve operare per massimizzare il ritorno dei profitti.
CSR Corporate Social Responsability
In questo mi riallaccio a Michael Porter “Sociale e ambiente devono entrare nel core business”
Per la prima volta nella storia dopo la rivoluzione industriale dell’inizio dell’800, sembra che si stia sviluppando una sorta di “rottura” tra il mondo economico e la società, un allontanamento tra le imprese e le persone.
Michael Porter, il “guru” della strategia d’impresa conosciuto in tutto il mondo per modelli come la Catena del Valore o le cinque forze competitive, ha realizzato che le organizzazioni non stanno più affrontando le tradizionali sfide competitive che storicamente egli aiutava a risolvere, bensì si trovano davanti a una situazione completamente nuova, una sfida completamente diversa.
«Nei decenni scorsi, almeno negli Stati Uniti, le imprese erano il posto in cui i lavoratori desideravano essere – commenta Porter -. Ma oggi non è più così. L’idea che le organizzazioni esistono con l’unico scopo di massimizzare il ritorno per gli azionisti non piace più all’opinione pubblica. Quando i benefici hanno iniziato a ridursi, i posti di lavoro e i salari a diminuire, la società ha cominciato a mettere in discussione questo modello. Perciò le imprese ora devono cambiare mentalità, mettere a punto nuovi modelli di business, stabilire nuove prospettive dalle quali studiare il mercato e se stesse».
Porter stesso ha piantato un primo seme per questo cambiamento, coniando il concetto di “valore condiviso. Cosa significa “valore condiviso”?
Significa occuparsi di una problematica sociale, di una sfida sociale, come quella dell’acqua, dell’alimentazione o della salute, e qualche volta ottenere anche un guadagno. Deve essere concepito come un vero e proprio business, invece che come un atto di beneficenza o donazione. Bisogna trovare il modo di affrontare questi aspetti in modo profittevole. Il valore condiviso risiede in tutta la catena del valore (nei prodotti, nei clienti, nei fornitori, …) ma anche nelle istituzioni della comunità in cui è inserita l’impresa. Molte organizzazioni sono eccellenti nel soddisfare le necessità dei clienti tradizionali, ma se approfondissero il concetto di valore condiviso scoprirebbero enormi potenziali di crescita. Vedrebbero aprirsi nuovi mercati, nuove esigenze non ancora soddisfatte, nuovi modi di fare business, e per di più gestendo meglio l’impatto sull’ambiente e sulla comunità. Lo so che sembra incredibile, ma è così: il principale terreno per l’innovazione e la crescita non è né la finanza né la tecnologia, bensì le questioni sociali e ambientali.
Se guardiamo lo scenario globale, le più grandi opportunità di mercato derivano dai più grandi problemi che l’umanità deve risolvere. Durante questi ultimi 50 anni stiamo vivendo un momento di stabilità, nel quale abbiamo applicato modelli consolidati. Ora però questi modelli stanno perdendo validità: l’abituale e il conosciuto non funzionano più. E questo è un fatto molto positivo.
Quali sono le differenze tra il valore condiviso e la CSR, la Corporate Social Responsibility?
La responsabilità sociale d’impresa consiste fondamentalmente nell’investire le risorse dell’azienda in azioni da buon cittadino, che significa per esempio riciclare i rifiuti, fare donazioni per cause sociali, aumentare la trasparenza e così via. Il valore condiviso invece si riferisce al “core business” dell’impresa, e richiede di gestirlo in un modo nuovo, diverso. Richiede di inventarsi un nuovo modello di business, ma creare valore condiviso significa comunque creare profitto per gli azionisti. Perciò la differenza fondamentale è che, da un lato, si fa qualcosa di separato dall’attività primaria dell’azienda, destinando risorse a cause nobili. Dall’altro lato invece si integra la variabile dell’impatto sociale e ambientale nel core business stesso dell’azienda, mantenendo l’obiettivo finale di creare valore economico.
Il mondo delle imprese ha capito il concetto di valore condiviso?
C’è grande confusione. Le imprese confondono esattamente i due punti di cui ho appena parlato. Sostengono di star creando valore condiviso, ma ciò che realmente stanno facendo è togliere risorse dal proprio business per fare beneficenza. Non stanno incorporando l’aspetto sociale e ambientale nel core business. Ci sono enormi problemi nelle comunità di tutti i paesi del mondo, e manager e imprenditori fanno un’enorme fatica a trovare modi positivi per affrontare queste questioni. La chiave è farlo sfruttando la conoscenza del business, invece che mettendosi nelle vesti di benefattori e filantropi. Agendo come imprese e non come enti di beneficenza, sono la forza più potente che l’umanità ha a disposizione per affrontare le questioni ambientali e sociali. Tutto inizia con un cambio di mentalità, definendo il ruolo delle aziende nella società. Sempre più imprese stanno realizzando di poter giocare un ruolo più importante rispetto ai problemi sociali e nel contempo benefico per i propri risultati di bilancio. Non si tratta né carità né di patriottismo. Si tratta di far sì che il business funzioni in modo più efficace ed efficiente, con processi di creazione di valore condiviso.
Le aziende devono ridurre gli impatti ambientali senza dover ridurre le performance del prodotto. In una parola  implementare l’Economia circolare. Rimodellazione del business, avere un approccio di medio/lungo periodo.
ECONOMIA CIVILE cerca di combinare assieme gestione del privato con la gestione pubblica. Siamo di fronte a un cambio di paradigma enorme.
Come comunicare la sostenibilità?
La sostenibilità è un percorso, l’azienda deve mettere a sistema quello che ha fatto e iniziare a comunicarlo assieme al vantaggio competitivo.


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